REVIEW OF THE CD “PRELUDE” ON WWW.JAZZITALIA.NET
by Luca Labrini, Jazzitalia.net (Italy), 8/23/2008
La storia di Emiliano Loconsolo è molto simile a quella di tanti jazzisti nostrani, da Bollani a Giuliani a Fresu solo per citarne alcuni, che, partendo dall’Italia, hanno trovato rifugio all’estero, in Francia soprattutto, nella speranza di raggiungere il proprio sogno.
Milanese, classe 1974, dopo le prime esperienze live sui palchi dei club italiani, nel 2002 emigra negli Stati Uniti dopo aver ricevuto il Berklee College of Music’s International Best Talent Scholarship e dove consegue il diploma di conservatorio presso il New England Conservatory di Boston con specializzazione in Jazz Performance. All’inizio della sua carriera, il cantante milanese si è dedicato alla riscoperta della tradizione folk italiana attraverso “villanelle” e “canzonette” ed alla rilettura del repertorio di Roberto Murolo, per poi passare a quello più classico degli standard tipici della cultura jazzistica e dei songbooks americani. Ed in questa direzione si colloca Prelude, pubblicato dalla Original Music Records nel giugno dello scorso anno.
Composto da nove brani, il controtenore italiano va sul sicuro scegliendo di omaggiare i vari Gershwin, Ellington, Strayhorn, Porter e Mingus quasi sempre in quartetto, alternando la presenza del piano a quella della chitarra, ma anche utilizzando la formula del duo nelle riuscite e suggestive Something To Live For e Duke Ellington’s Sound Of Love accompagnato rispettivamente dalle sole corde della chitarra prima e del contrabbasso poi. Il brano di apertura è per la classica But not for me, brano caro a Chet Baker e di cui si sentirà l’influenza per l’intero album.
Nonostante i facili paragoni a cui rischia di andare incontro cimentandosi con tali standard, Loconsolo riesce a dimostrare tutto il suo talento dando vita ad un album mainstream delicato e interessante, avvalendosi tra l’altro di pregevoli quanto precisi musicisti che ci riportano alle atmosfere romantiche degli anni cinquanta e sessanta.
Nel finale trova spazio anche un ricordo di Murolo con una versione live di Scalinatella in sestetto, registrata a Boston nel 2002 con l’arrangiamento di Dave Holland.